Il riscaldamento climatico in Europa, comune per comune

In oltre 35.000 comuni europei, la temperatura media è aumentata di oltre 2°C negli ultimi cinquant’anni. Dalle grandi città ai villaggi rurali, la crisi climatica sta investendo ogni angolo d’Europa – ma i cittadini si stanno attivando, e finalmente le autorità iniziano a reagire

Pubblicato il: Maggio 14th, 2020
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Il riscaldamento climatico in Europa, comune per comune

In oltre 35.000 comuni europei, la temperatura media è aumentata di oltre 2°C negli ultimi cinquant’anni. Dalle grandi città ai villaggi rurali, la crisi climatica sta investendo ogni angolo d’Europa – ma i cittadini si stanno attivando, e finalmente le autorità iniziano a reagire

Babin Zub, Serbia (photo: Marco Verch/Flickr  – CC BY 2.0 )

Cinquant’anni di dati per oltre centomila comuni d’Europa lo confermano: il nostro continente si sta riscaldando un po’ a tutte le latitudini. Anzi, in un terzo dei comuni europei la temperatura media è aumentata di oltre due gradi tra gli anni Sessanta e l’ultimo decennio, con alcune punte che superano addirittura i 5°C di differenza. Al contrario, solo 73 dei 102.445 comuni che abbiamo analizzato hanno visto una diminuzione della temperatura media, comunque limitata a pochi decimi di grado.

Tutti i dati

Potete consultare i dati per ciascun comune a questo link . Presto li renderemo facilmente navigabili anche attraverso un’apposita interfaccia

Due terzi delle province hanno vissuto aumenti di temperatura compresi tra 1,5°C e 2,5°C (con “province” ci riferiamo alle regioni NUTS3 ). Si tratta di valori medi che si riferiscono a un intero decennio: dietro numeri apparentemente piccoli possono nascondersi variazioni stagionali o annuali anche parecchio più ampie. Sono valori stimati dal servizio europeo Copernicus , che cerca di armonizzare il più possibile i dati nel tempo e attraverso i confini e usa delle stime per riempire le lacune

Certo, il riscaldamento climatico non ha colpito allo stesso modo tutte le regioni d’Europa: ma in ciascuno dei 35 Paesi che abbiamo preso in considerazione (tranne Malta) c’è almeno un comune dove la temperatura media risulta aumentata di oltre due gradi nell’ultimo mezzo secolo, e in 23 Paesi tra questi c’è almeno un comune dove l’aumento risulta superiore ai tre gradi. 

Le grandi capitali del calore

I fattori che determinano il riscaldamento climatico sono molti, avvengono su livelli diversi e interagiscono in maniere complesse – non esistono spiegazioni che si possano applicare in modo identico a tutti i centomila comuni analizzati. È però possibile osservare alcuni elementi ricorrenti: all’interno di ciascun Paese, tra i comuni dove la temperatura è aumentata di più troviamo spesso le capitali o i loro sobborghi, soprattutto nell’Europa centro-orientale. È questo ad esempio il caso di Tallinn e Belgrado, ma anche di Riga e Budapest, le due capitali europee che – stando ai dati che abbiamo utilizzato – si sono scaldate di più tra tutte.

In cima alla lista troviamo anche insediamenti situati nei pressi di grandi aeroporti: è il caso del comune europeo che in assoluto ha visto aumentare di più la temperatura, ovvero Reykjanesbær – proprio accanto al sempre più frequentato aeroporto internazionale dell’Islanda. Lì l’aumento stimato da Copernicus è stato tanto eccezionale da sfiorare i 5,8°C in pochi decenni. 

L’area di Reykjanesbær e dell’aeroporto di Keflavik in Islanda (foto: SuperJet International/Flickr)

A Budapest l’aumento di temperatura stimato da Copernicus si assesta invece sui 4°C. I meteorologi ungheresi ritengono che la variazione effettiva sia stata un po’ più contenuta – ma di certo l’intero bacino carpatico si sta scaldando più della media europea ed è sempre più soggetto a siccità e ondate di calore. Nella capitale ungherese esistono anche dei seri problemi legati alle isole di calore e alle emissioni provocate dal traffico e dai sistemi di riscaldamento o raffreddamento domestico. “L’asfalto e le macchine sono ovunque. In alcuni quartieri gli spazi verdi sono inferiori a 1 mq per abitante. Decenni di speculazione edilizia hanno finito per convertire moltissime aree verdi in parcheggi, centri commerciali e nuove strade”, ci dice András Lukács, presidente dell’Ong ambientalista Levegő Munkacsoport. “Fuori dal centro molti usano ancora il legno per riscaldare le loro case d’inverno, e in troppi continuano a bruciare rifiuti”.

Il vento sta cambiando

Le campagne degli ambientalisti in Ungheria si incrociano strettamente col contesto politico. Dopo l’inaspettata vittoria  di Gergely Karácsony, un esponente dei Verdi, Budapest ha dal novembre 2019 un sindaco attento ai temi ambientali. La città ha dichiarato  lo stato di emergenza climatica e sta mettendo a punto una strategia per annullare le emissioni nocive: più efficienza energetica e aree verdi, minore traffico automobilistico. 

Péter Vigh, direttore dell’agenzia di informazione sul cambiamento climatico Másfél fok , sostiene che la sensibilità dell’opinione pubblica ungherese sta cambiando, e che sta influenzando la politica: “Nel settembre 2019 10.000 persone hanno preso parte allo sciopero globale per il clima, è stato fantastico. E a novembre siamo riusciti a rendere virale la consultazione sulla strategia di lungo termine per la riduzione delle emissioni imposta dalle norme europee – persino la Banca centrale ormai è attenta all’ambiente. Certo, il governo di Orban continuerà a fare il meno possibile, ma su questo tema è molto opportunista e potrebbe rispondere a crescenti pressioni dal basso e agli incentivi finanziari offerti dall’Unione europea”. 

Anche a Liverpool – un altro dei grandi centri urbani europei dove la temperatura è aumentata di più negli ultimi decenni – gli ambientalisti registrano un cambiamento nell’atmosfera politica. Secondo Frank Kennedy, attivista del gruppo cittadino di Friends of the Earth , “per i politici e gli imprenditori è diventato più difficile ignorarci. Almeno a parole, ora riconoscono le evidenze fornite dalla scienza. Nei decenni scorsi qui invece il discorso era tutto concentrato sulla crescita economica – e abbiamo accettato qualsiasi costo pur di sostenere gli investimenti”.

Vallate sempre più verdi

In alcuni Paesi europei i comuni che si sono riscaldati di più sono invece piccoli villaggi, a volte piuttosto sperduti come nel caso di Llívia in Spagna o Monor in Romania: lì l’attività umana su scala locale ha inciso poco, il problema non sono le isole di calore, il traffico o le industrie. Si tratta piuttosto di zone dove il riscaldamento globale si fa sentire di più per ragioni geografiche, legate ad esempio alla conformazione del territorio o all’altitudine. Analoghe ragioni paiono giocare un ruolo nei comuni e nelle province europee che risultano meno colpite dal riscaldamento climatico, in larga parte concentrate lungo la costa andalusa, nel Mar Egeo e nelle Alpi francesi

Se si lascia da parte il caso estremo dell’Islanda, otto dei dieci comuni europei dove la temperatura è aumentata di più si trovano nella Norvegia centrale. Si tratta di paesi con poche migliaia di abitanti, piacevolmente immersi in verdi vallate. Vallate sempre più verdi, in realtà: in ciascuno di questi centri la temperatura media annuale era nettamente sotto lo zero negli anni Sessanta, mentre ora invece vi si trova al di sopra. 

Ce lo conferma Markus Refsdal, responsabile per la contea di Innlandet dell’associazione ambientalista giovanile Natur og Ungdom : “Il clima sta diventando sempre più imprevedibile, in estate abbiamo cominciato ad assistere a lunghi periodi di siccità, seguiti da piogge violente. Quand’era giovane, in inverno mia nonna poteva pattinare attraverso il più grande lago della Norvegia: io non ho mai avuto la possibilità di farlo”. Anche gli studi meteorologici parlano di inverni sempre più brevi e di nevicate sempre più rade : ci si attende un impatto pesante sulle riserve idriche e sulla produzione idroelettrica, la principale fonte di energia per la Norvegia. 

Dalla Norvegia alla Bulgaria, dall’Ungheria all’Inghilterra, i dati mostrano che in molti angoli d’Europa il cambiamento climatico è ormai diventato un fenomeno tangibile: non si tratta più solo del riscaldamento globale, si può assistere a un riscaldamento locale. Per essere efficaci, anche il racconto giornalistico, la mobilitazione civile e la risposta politica devono saper tenere assieme i due livelli, quello che tocca l’esperienza quotidiana di una singola comunità e quello che al contrario investe l’Europa intera e tutto il pianeta – e che richiede iniziative politiche all’altezza. 

Metodologia 

La fonte di dati utilizzata è la UERRA regional reanalysis for Europe on single levels from 1961 to 2018 , elaborata da Copernicus e dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF). I dati scelti forniscono dei valori stimati per la temperatura a due metri dal suolo e coprono una griglia di celle, ognuna delle quali si estende su un’area di 5,5×5,5 km. È importante notare che i valori forniti derivano da stime, dunque non riflettono necessariamente le temperature rilevate nelle diverse località – questo per due ragioni: i rilevamenti diretti delle temperature non sono disponibili per tutti i comuni sulla scala geografica e temporale utilizzata; le stime tengono conto anche dei possibili cambiamenti intervenuti nei dintorni delle stazioni meteorologiche, consentendo di confrontare i dati anche su un lungo arco di tempo.

È inoltre importante notare che i valori stimati delle temperature si riferiscono a celle, cioè a delle superfici, e non a dei punti. Ogni comune europeo è stato associato con i valori stimati della cella in cui ricade – o della cella in cui ricade il principale centro urbano del comune. Questo va tenuto presente soprattutto nelle aree montane, dove persino una piccola cella di 5,5×5,5 km può comprendere ambienti molto diversi. Abbiamo inoltre tenuto in considerazione la linea di costa per le celle che comprendono delle aree marittime, in modo da ridurre le distorsioni che ampie superfici marine possono causare ai valori stimati.

Per ogni cella, dai dati grezzi è stata ottenuta la temperatura media stimata per i due decenni considerati (1961-1970 e 2009-2018, compresi gli estremi), ricavando il valore della variazione stimata avvenuta. I climatologi tendono a confrontare tra loro intervalli di 30 anni, per varie ragioni. Dato il carattere descrittivo della nostra analisi, e l’efficacia comunicativa del confronto tra singoli decenni, abbiamo scelto di utilizzare intervalli più brevi. In questa nota metodologica  si possono trovare ulteriori informazioni.

Questo articolo è stato aggiornato il 4 agosto 2020, per chiarire meglio alcuni aspetti della metodologia utilizzata.

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