A che punto siamo con la connettività ultra-veloce in Europa

La strada per trasformare l’Europa in una società dalla connettività ultra-veloce sembra essere ancora lunga e, come spesso accade, poco uniforme.

Pubblicato il: Marzo 25th, 2021
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A che punto siamo con la connettività ultra-veloce in Europa

La strada per trasformare l’Europa in una società dalla connettività ultra-veloce sembra essere ancora lunga e, come spesso accade, poco uniforme.

Immagine di TheAndrasBarta/Pixabay

Circa il 20 per cento del bilancio europeo per il periodo 2021-2027 sarà dedicato al “digitale”. Come ha dichiarato alla fine del 2020 la parlamentare europea Miapetra Kumpula-Natri, portavoce della commissione parlamentare per l’Industria, la ricerca e l’energia rispetto alla strategia europea sui dati, “la pandemia ha mostrato l’importanza della connettività”.

Kumpula-Natri spiega che l’Unione europea è orientata a mantenere un approccio basato sull’uso dei fondi pubblici per attrarre investimenti privati, piuttosto che finanziare direttamente iniziative da parte degli stati membri. «Quando la quantità di dati scambiati raddoppia ogni anno e mezzo circa, la connettività è lo strumento che lo rende possibile – ha dichiarato – se le imprese europee non si adattano alla connettività di nuova generazione, e se non capiscono l’importanza dei dati come risorsa riutilizzabile, non riusciremo a sfruttare i benefici di un’economia dei dati ben funzionante».

Clicca qui per esplorare i dati sulla velocità di connessione in Europa, dal livello nazionale a quello municipale, su una mappa interattiva.

Gli obiettivi di connettività che si è posta l’Unione europea nel piano Europa a banda larga per il 2025 sono piuttosto ambiziosi:

  • Connessione ad almeno 1 Gigabit al secondo (Gbps) per i soggetti più rilevanti dal punto di vista socio-economico (scuole, università, stazioni, aeroporti, imprese ad alto uso di risorse digitali, ecc.);
  • Copertura totale della rete 5G in tutte le aree urbane e nelle principali vie di trasporto;
  • Accesso a una connettività ad almeno 100 Megabit al secondo (Mbps) in tutte le case;

In una recente comunicazione rivolta al Parlamento europeo e altre istituzioni comunitarie, la Commissione europea si è spinta a porre come obiettivo la copertura totale della connessione ultra-veloce entro il 2030, attraverso la rete fissa e le reti 5G e 6G (quest’ultima in fase di sviluppo).

Prima di questi documenti programmatici, nel 2010, era l’Agenda digitale europea a stabilire gli obiettivi di connettività per il 2020, che prevedevano una copertura della banda larga ad almeno 30 Mbps per tutti i cittadini europei, e la disponibilità di una linea superiore ai 100 Mbps per almeno la metà delle famiglie. Secondo alcuni indicatori chiave selezionati dalla Commissione europea, l’infrastruttura di rete di nuova generazione (ad almeno 30 Mbps) nel 2019 arrivava a coprire l’85,8 per cento delle abitazioni in Europa. La maggior parte dei paesi si situa oltre questa soglia, con solo sei paesi che si fermano sotto l’80 per cento: Bulgaria, Slovacchia, Polonia, Finlandia, Lituania e Francia, che sorprendentemente risulta coperta al 62,1 per cento.

Lo sviluppo dell’infrastruttura ad altissima capacità

Rispetto alla rete fissa ad altissima capacità (Very High Capacity Network, VHCN) – infrastruttura che comprende la fibra ottica e altre tecnologie e che è fondamentale per raggiungere l’obiettivo di 1 Gbps per tutti entro il 2030 – la media europea di copertura nel 2019 era del 44 per cento (ultimo dato disponibile), mentre solo due anni prima era al 26 per cento, con un aumento quindi di oltre due terzi. Dietro questa media però si nascondono grosse disparità, sia tra stati che tra aree urbane e rurali

[1].

Fonte: The Digital Economy and Society Index (DESI)

Molti dei paesi che svettano a livello di copertura hanno un’estensione territoriale piuttosto contenuta. Il primo paese di una certa dimensione in questa classifica è la Spagna, con una copertura dell’89 per cento delle abitazioni su scala nazionale e del 51,9 per cento nelle aree rurali. Questo sviluppo è dovuto a una serie di investimenti da parte di aziende private, aiutate dal Programa de Extensión de la Banda Ancha de Nueva Generación, che prevede finanziamenti pubblici per 400 milioni di euro (di cui 300 provenienti dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale, ERFD) tra il 2019 e il 2022, per finanziare le aziende che intendono investire in infrastrutture ad almeno 300 Mbps, fino a 1 Gbps.

Non lontano, il Portogallo garantisce la copertura dell’83 per cento del territorio e il 69,4 per cento delle aree rurali. In questo caso, importanti investimenti sono in corso per rimpiazzare i cavi sottomarini che collegano Madera e le Azzorre al continente europeo. Dovrebbe inoltre entrare in funzione nel 2021 un cavo sottomarino che collegherà il Portogallo al Brasile, un’operazione da 150 milioni di euro portata avanti dall’operatore EllaLink.

Colpisce la performance di uno stato dall’economia molto avanzata come la Germania. Nel 2019, la rete ad alta capacità VHCN copriva solo 3 case su 10 su base nazionale, e solo una su dieci nelle aree rurali. Se si considera che solo nel 2018 la copertura nazionale inferiore a 1 su 10, si nota comunque un progresso considerevole nel suo sviluppo. La Germania ha lanciato nel 2016 la sua “offensiva” per sviluppare una rete ad altissima capacità (Eckpunkte Zukunftsoffensive Gigabit-Deutschland), che prevede investimenti pubblici per 11 miliardi di euro (con l’obiettivo di attrarne molti di più con iniziative private) tra il 2017 e il 2023, per raggiungere una copertura totale entro il 2025.

Allo stesso modo spicca il dato della Francia, che a livello nazionale non va oltre la media europea (43,8 per cento), mentre nelle zone rurali è ferma all’11,9 per cento. Il piano nazionale di sviluppo France Très Haut Débit, avviato nel 2013, ha l’obiettivo di connettere tutte le abitazioni del paese con una velocità di almeno 30 Mbps entro il 2022 e non fa menzione dell’obiettivo di arrivare a 1 Gbps. L’investimento previsto è di circa 20 miliardi di euro, di cui 3,3 miliardi destinati a coprire la mancanza di investimenti privati in alcune aree. In questo caso c’è una grande disparità di copertura tra le aree più densamente popolate, dove si arriva al 90 per cento, per poi scendere al 60 per cento in quelle meno popolate e fino all’11,9 in quelle rurali.

Per quanto riguarda l’Europa orientale, la performance migliore è quella della Romania, che raggiunge il 68,1 per cento delle case con linee VHCN, coprendo il 39,1 per cento delle zone rurali. Nel corso del periodo di finanziamento 2014-2020, il paese ha destinato allo sviluppo della connettività 100 milioni di euro provenienti dal Fondo di sviluppo regionale europeo. Di questi, 45 milioni sono stati investiti nel progetto RoNet, che aveva l’obiettivo di raggiungere 721 località con le strutture di rete intermedie, ossia le strutture che fanno da tramite nel passaggio del segnale tra la rete centrale e la sottorete locale. A fine 2018, i lavori erano stati pianificati in 607 località e completati in 484.

Gli investimenti in connettività da parte delle aziende in Europa, secondo il report appena pubblicato da ETNO, associazione che raccoglie le maggiori compagnie telefoniche europee, è stato di 51,7 miliardi di euro nel 2019, in aumento di tre miliardi rispetto al 2018. Secondo ETNO, il maggiore freno allo sviluppo è la frammentazione del mercato europeo, composto da oltre 40 compagnie, e dal livello eccessivo di regolamentazione. Secondo le aziende telefoniche, inoltre, le politiche di finanziamento del settore incentivano gli operatori che competono offrendo piani di abbonamento che sfruttano reti già esistenti, piuttosto che spingere alla realizzazione di nuove reti più veloci.

C’è anche un problema di attrattività del settore, dato che in Europa si riscontra un utilizzo della rete minore rispetto ad altri continenti. La misura è di 6,08 Gigabyte trasferiti per utente al mese, contro gli 11,05 degli Stati Uniti o i 9,29 del Giappone. La ricerca di soluzioni economicamente più vantaggiose da parte delle compagnie è anche alla base della disparità tra aree urbane e zone rurali. Il settore privato, secondo il Digital Economy and Society Index Report 2020, propende decisamente verso le prime, più redditizie, lasciando agli stati il compito di raggiungere le aree meno popolate.

Grazie ai dati diffusi dalla società Ookla, che raccolgono i risultati dei test di velocità della rete raccolti dal sito Speedtest, possiamo avere una panoramica delle performance di connessione tra i diversi Stati Europei.

Fonte: Ookla Open datasets

Come si può vedere, in diversi Paesi una percentuale rilevante delle città presenti nel dataset ha una connessione inferiore ai 30 Mbps

[2]. In Francia, Italia e Lettonia tale percentuale supera di poco il 50 per cento. Cechia e Slovacchia raggiungono rispettivamente il 65,4 e 70,1 per cento, con punte che sfiorano la totalità delle rilevazioni a Cipro (85 per cento), in Croazia (89,2 per cento) e in Grecia (93,2 per cento).

I Paesi in cui risulta sostanzialmente raggiunto l’obiettivo della banda ad almeno 30 Mbps per tutti sono Olanda e Malta, dove si arriva al 100 per cento, mentre poco dietro troviamo Danimarca, Svezia, Lituania e Lussemburgo, a cui seguono a breve distanza Finlandia e Belgio. Rispetto all’altro obiettivo dell’Agenda digitale (connettività ad almeno 100 Mbps in tutte le case), la situazione è abbastanza speculare. A superare la soglia del 50 per cento (anche se i dati non specificano se il test è stato avviato in una casa o altrove, per esempio un ufficio pubblico, una scuola o un’azienda) sono Lussemburgo, Olanda e Svezia, ma a spiccare è la Danimarca con oltre il 91,9 per cento delle città oltre la soglia dei 100 Mbps.

Confrontando i dati rilevati da Speedtest nel primo e nel quarto trimestre del 2020, si può notare che tutti i paesi, seppure in misure diverse, hanno registrato velocità medie di download maggiori nell’ultima parte dell’anno. Questo può essere dovuto a diversi fattori: dal procedere dello sviluppo della rete al fatto che molte persone, con la pandemia, si sono viste costrette a investire in una connessione veloce per poter lavorare da casa. Complessivamente, l’infrastruttura sembra avere retto all’aumento di traffico e alla maggiore richiesta di alte prestazioni. Alcuni paesi hanno dato degli incentivi economici ai cittadini per andare in questo senso. In Italia, per esempio, a fine estate 2020 il governo ha varato un “piano voucher” volto a incentivare famiglie e imprese a sottoscrivere contratti ad almeno 30 Mbps e fino a 1 Gbps.

Fonte: Ookla Open datasets

Gli ultimi sviluppi

Il Consiglio dell’Unione europea ha da poco stretto un accordo con il Parlamento europeo, all’interno del Meccanismo per collegare l’Europa, che prevede di investire 2,06 miliardi di euro nella connettività. L’impatto di questa transizione esula dal puro ambito tecnologico e ha ricadute dirette sulla vita dei cittadini, dalla salute alla fruizione di servizi pubblici, e quindi riguarda direttamente il tema dell’inclusione sociale. La Commissione europea ha sottolineato l’importanza delle tecnologie digitali per favorire la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo. Un tema complesso, su cui la transizione tecnologica avrà un impatto limitato, e per il quale al contrario sono necessarie politiche più decise sulla produzione di energia.


[1] Le aree rurali sono definite come zone in cui la densità abitativa è inferiore alle 100 persone per chilometro quadrato.


[2] Abbiamo preso in considerazione la velocità in download da rete fissa che, per quanto incompleta, è la misura di riferimento più diffusa sui documenti dell’Unione europea. Per evitare che le zone più popolose, in cui sono avviati più test di velocità, pesino di più nella rappresentazione dei dati, quando nell’articolo parliamo di “media” si intende sempre la velocità media ponderata in base al numero di test proveniente da ogni città.

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