Il futuro (ancora lontano) delle auto a idrogeno

È difficile che il consumatore europeo acquisti un’automobile a idrogeno, malgrado, l’Ue sia convinta che questo tipo di vetture possa ridurre i consumi di combustibili fossili.

Pubblicato il: Novembre 30th, 2018
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Il futuro (ancora lontano) delle auto a idrogeno

È difficile che il consumatore europeo acquisti un’automobile a idrogeno, malgrado, l’Ue sia convinta che questo tipo di vetture possa ridurre i consumi di combustibili fossili.

Quando pensate a un’automobile non alimentata a benzina o a gasolio è assai probabile che vi venga in mente un veicolo a batteria elettrica. In verità esiste, e sta prendendo piede, un’auto ad  alimentazione alternativa e di cui si parla molto: l’auto a batterie alimentate a idrogeno .

Un vantaggio delle automobili con batterie a idrogeno è che è possibile fare il pieno in tre-cinque minuti, come avviene per le auto alimentate a benzina o gasolio. L’idrogeno può essere prodotto tramite elettrolisi dell’acqua con elettricità derivante da fonti energetiche verdi come il vento o il Sole. Queste batterie convertono poi l’idrogeno nell’elettricità che alimenta l’automobile. A onor del vero, bisogna specificare che l’idrogeno si ottiene anche da combustibili fossili inquinanti: la maggior parte dell’idrogeno usato oggi in Europa proviene ancora da queste fonti.

A settembre in Austria i ministri di 25 paesi europei hanno adottato una dichiarazione riguardante le possibilità offerte dall’idrogeno ottenuto da fonti energetiche rinnovabili. Hanno sostenuto che “l’idrogeno da rinnovabili è in grado di immagazzinare e fornire accesso sicuro e tempestivo all’energia rinnovabile, offrendoci così nuove opportunità per aumentare la sicurezza energetica e ridurre la dipendenza dell’Unione europea dalle importazioni di combustibili fossili”.
Di recente anche a un convegno svoltosi a Bruxelles numerosi relatori hanno affermato che l’interesse per l’idrogeno è in grande espansione. “Perché si parla sempre più spesso di idrogeno?”, si chiede Valerie Bouillon-Delporte, presidente Hydrogen Europe , una coalizione di industrie e attori del settore .

“Uno dei motivi più importanti è il costo, in notevole calo negli ultimi anni, dell’energia eolica e fotovoltaica, che ha consentito di espandere le prospettive dellala produzione su vasta scala dell’idrogeno verde”, ha risposto, mettendo tuttavia in guardia i presenti alla conferenza dal correre troppo con la fantasia. Bouillon-Delporte ha concluso il suo intervento dicendo: “Abbiamo bisogno di una spinta (per l’idrogeno), non di esaltazione, per cortesia”.  

Se guardiamo solamente alle cifre, l’interesse degli europei per le automobili a celle alimentate a idrogeno è ancora molto esiguo.  Secondo l’Associazione dei produttori europei di automobili  il 92,3  per cento di tutte le auto immatricolate a luglio, agosto e settembre è alimentato a combustibili fossili, quindi o benzina o gasolio. Delle restanti autovetture alimentate a energie alternative, per la maggior parte si tratta di veicoli ibridi elettrici plug-in (Phev)  e veicoli elettrici a batteria (Bev).

Le autovetture elettriche a celle di combustibile (Fcev) negli ultimi due anni sono diventate ancor meno popolari dei veicoli elettrici ibridi ad autonomia estesa (Erev) che includono un motore a combustione interna in grado di ricaricare la batteria.

Secondo Julia Poliscanova, la bassa percentuale di diffusione tra i consumatori di automobili a idrogeno è imputabile alla scarsa disponibilità di modelli. Poliscanova è un’attivista del gruppo ambientalista Transport & Environment con sede a Bruxelles, ma è anche un’esperta di tecnologie ed è specializzata in batterie e celle a combustibile grazie ad un master in ingegneria energetica. “Negli ultimi tempi c’è stata una vera e propria rivoluzione nella messa a punto delle batterie” ha detto a EUobserver. “In linea generale, la tecnologia a batterie alimentate a combustibile è sempre stata molto complicata. Non si è mai avuta un’evoluzione che andasse in parallelo con la riduzione dei costi e il miglioramento della tecnologia. È sempre stata una tecnologia costosa e dispendiosa e lo è ancora oggi”, ha fatto notare.

Perlopiù, sono stati i produttori di automobili in Asia ad aver incoraggiato le automobili a idrogeno. “È significativo, quasi rivelatore, che sono almeno vent’anni che sentiamo ripetere da Toyota, Hyundai e Honda che le batterie a combustibile sono il futuro. Quel futuro, però, non è ancora qui”, ha detto. Il giorno stesso in cui Poliscanova ha parlato con noi, Transport & Environment ha diffuso un rapporto che è giunto alla conclusione che le automobili a idrogeno perdono molta più energia delle automobili elettriche. “Se si ha una quantità limitata di elettricità rinnovabile, è molto meglio immetterla direttamente nella vettura con una batteria, rispetto a come si utilizza l’idrogeno”, ha spiegato Poliscanova.

EU spending funds – but still undecided

Ciononostante l’Unione europea non ha ancora preso una decisione ma ha investito, per il periodo 2014-2020, 665 milioni di euro in una partnership di aziende pubbliche e private per “accelerare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie a batterie alimentate a combustibile e idrogeno”. Questa partnership si chiama Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking, o Fch Ju, ha un budget complessivo di 1,33 miliardi di euro e all’inizio di novembre 2018 ha tenuto la sua conferenza annuale di revisione del programma.

Vi ha preso parte Lisa Ruf, che ha parlato per conto di Element Energy, una società di consulenze del Regno Unito che ha dato vita al consorzio Hydrogen Mobility Europe che riceve finanziamenti da Fch Ju. Lisa Ruf ha riferito a EUobserver che contestualizzare il dibattito come una battaglia tra idrogeno e batteria non è “molto utile”. “Non è di una battaglia che dobbiamo occuparci, anzi, dovremmo tenercene alla larga perché in definitiva cerchiamo di ottenere la stessa cosa”, ha detto. “Il motivo per cui idrogeno e batteria sono spesso considerati in contrapposizione è che gli investimenti in questa tecnologia sono limitati, e altrettanto vale per l’attenzione a quello che si può effettivamente ottenere. Dovremmo quindi sostenere entrambe le soluzioni”, ha aggiunto.

Julia Poliscanova ha aggiunto, invece, che la partnership tra aziende pubbliche e private potrebbe sfociare in usi alternativi dell’idrogeno nei trasporti, per esempio per quanto riguarda le spedizioni. “Penso che in questa fase faremmo bene a tenerci aperte tutte le possibilità a nostra disposizione” ha rincarato.. “In verità, infatti, la sfida per decarbonizzare la nostra economia e le reti dei mezzi di trasporto entro il 2050 è colossale”, ha concluso.

Il 28 novembre, la Commissione europea ha presentato il suo documento strategico illustrando la sua visione per la riduzione delle emissioni di gas serra da qui al 2050, pubblicato a meno di una settimana da quando l’Organizzazione metereologica mondiale ha dichiarato che le emissioni di gas serra nell’atmosfera della Terra hanno raggiunto livelli record.

“Se non si ridurranno drasticamente e immediatamente le emissioni di CO2 e di altri gas serra, il cambiamento climatico avrà effetti sempre più devastanti e irreversibili per la vita sulla Terra. La finestra per farlo sta quasi per chiudersi”, ha dichiarato l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Alcuni sostengono anche che l’idrogeno potrebbe servire per immagazzinare energia rinnovabile – che deve poter finire da qualche parte durante le fasi di maggiore produzione perché, in caso contrario, sovraccaricherebbe la rete elettrica. Uno degli obiettivi di Fch Ju è dimostrare che l’idrogeno può essere usato per “bilanciare la rete elettrica”. Poliscanova, invece, sostiene che è impossibile che questo riferimento alla rete elettrica possa persuadere gli investitori. “Non si può fare l’elettrolisi soltanto quando le rinnovabili sono in eccesso: non si tratta di un investimento interessante.Come è possibile gestire un impianto basandosi sul fatto che domani può esserci o non esserci vento? Non se ne parla”.

Passando ai dati: negli ultimi due anni tutte le 622 automobili a idrogeno immatricolate in Europa sono state immatricolate nell’Europa occidentale.

Questo dato non stupisce più di tanto, sostengono sia Ruf sia Poliscanova, anche se hanno fornito spiegazioni diverse. La seconda ha detto che in Europa occidentale in linea generale si vendono macchine nuove, e quelle a idrogeno sono costose. Ruf, invece, ha detto che “il fenomeno è trainato dall’industria, e le più grandi industrie sono in Europa occidentale”. Resta da vedere se le automobili a batterie con alimentazione a idrogeno costituiranno una vera svolta. In ogni caso, non è possibile al momento fare previsioni.

Nel 2006, quando annunciò un precedente programma di finanziamenti per le batterie a combustibile e a idrogeno, l’Ue le definì “tecnologie energetiche che potrebbero determinare un cambio di paradigma nel modo col quale l’Europa produce e usa l’energia, offrendo un possibile e importante passo avanti in direzione di una fornitura di energia sostenibile e indipendente sul lungo periodo e assicurando all’Europa maggiore competitività in un settore determinante”.

Di quel cambio di paradigma, tuttavia, per il momento non si intravede neppure l’ombra.

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