L’uscita del Regno Unito dall’Ue e le disuguaglianze regionali nel Paese

La Brexit, con o senza accordo, si avvicina: il processo di uscita del Regno Unito dall’Ue acuirà le disuguaglianze tra le regioni, soprattutto tra Londra e il Nord del Paese. 

Pubblicato il: Dicembre 11th, 2020
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L’uscita del Regno Unito dall’Ue e le disuguaglianze regionali nel Paese

La Brexit, con o senza accordo, si avvicina: il processo di uscita del Regno Unito dall’Ue acuirà le disuguaglianze tra le regioni, soprattutto tra Londra e il Nord del Paese. 

Photo: Ilovetheeu/Wikimedia (CC BY-SA 4.0 )

Risulta complicato fare previsioni sull’impatto economico della Brexit, perché ci sono troppi parametri da prendere in conto, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19. Gli economisti sembrano d’accordo su una cosa: che l’accordo venga raggiunto o meno, a perderci sarà comunque il Regno Unito. 

“Resta incertezza sull’entità dell’impatto, visti i tanti fattori in gioco, ma la tendenza a breve e a lungo termine è chiara”, affermano dalla Social market Foundation, un think-tank indipendente che si occupa di politiche pubbliche, in un rapporto pubblicato lo scorso maggio . “Se viene accettato un accordo di libero scambio, il Pil subirà un impatto negativo moderato (-1,8 per cento nel 2024 in relazione a una situazione pre-Brexit); se invece il Regno Unito uscirà senza accordo le previsioni scendono a -2,9 per cento”, continuano. 

E, quand’anche un accordo di libero scambio verrà finalmente firmato tra Londra e Bruxelles, non potranno essere evitate tutte le frizioni che sono conseguenti all’uscita dall’Ue, per esempio i controlli fitosanitari alle frontiere. 

Fatte queste premesse, quindi, è interessante vedere nel dettaglio quali sono le regioni del Regno Unito che andranno soffrire di più con la Brexit. Sempre secondo la Social market Foundation, e sulla base dei dati governativi pubblicati nel 2018, la regione di Londra sarebbe la più risparmiata dall’uscita del paese dall’Ue, sia nello scenario di un’uscita più “brutale”, sia in quello di una più morbida, con l’attuazione di un nuovo accordo di libero scambio. Il valore aggiunto prodotto dalla regione della capitale diminuirebbe quindi a lungo termine solo tra il 4 e il 6%. 

La regione Nord-est, che si sviluppa amministrativamente intorno a Newcastle sarebbe la più toccata: gli scenari prevedono una perdita di oltre il 10 per cento nel caso di un divorzio senza accordo. Segue il Nord-ovest (dove si trovano Manchester e Liverpool), le “midlands” (la regione geografica che forma una sorta di cintura da est a ovest nel centro del Paese) e l’Irlanda del Nord. A cosa è dovuto? “Il Nord è specializzato nelle esportazioni di beni, mentre Londra si occupa essenzialmente di servizi”, spiega il rapporto. Nel 2019 Londra ha esportato oltre 120 miliardi di sterline di servizi (soprattutto finanziari, e che vorrebbero essere mantenuti), contro solamente 40 di beni. 

Per quanto riguarda il Nord-Est, il quadro è l’opposto: nel 2019 sono stati esportati poco meno di 15 miliardi di merci e solo la metà (7 miliardi) di servizi. Sono proprio le regioni industriali quelle che hanno già subito le maggiori perdite negli ultimi decenni, soprattutto a causa della globalizzazione: queste, con la Brexit, rischiano di ricevere il colpo di grazia.  

Rimane anche un’altra questione che potrebbe essere problematica: la dipendenza delle regioni settentrionali del Regno Unito da esportazioni o importazioni europee. “Oltre il 60% delle importazioni e delle esportazioni dall’Irlanda del Nord provengono o sono destinate all’Ue”, spiegano i ricercatori della Social market Foundation. Nel caso di Londra, le percentuali sono più basse (circa il 50 per cento) ma restano comunque significative: dati come questi rendono evidente l’intreccio, importante, tra l’economia britannica e quella europea.

Questi dati permettono di capire come la Brexit renderà le disuguaglianze regionali del Regno Unito, già oggi profonde, ancora più marcate. “In Europa, solo la Romania e la Polonia hanno un divario così ampio tra le regioni più e meno produttive”, commenta l’Industrial strategy council, responsabile della valutazione della politica industriale del Paese.

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