La plastica invade il Polo Nord

Nelle regioni artiche europee sono stati rilevati livelli crescenti di plastica, frammentata in particelle estremanente piccole. E non c'è modo di rimuovere le microplastiche dagli oceani, dalla neve o dai ghiacci. 

Pubblicato il: Gennaio 25th, 2019
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La plastica invade il Polo Nord

Nelle regioni artiche europee sono stati rilevati livelli crescenti di plastica, frammentata in particelle estremanente piccole. E non c’è modo di rimuovere le microplastiche dagli oceani, dalla neve o dai ghiacci. 

Foto: PxHere

Gli scienziati rilevano concentrazioni sempre più alte di microplastiche non solo nelle acque artiche, ma anche nel ghiaccio e nella neve dell’Artico.

La plastica ha ormai raggiunto zone del Polo Nord ancora ricoperte di ghiaccio, a centinaia di chilometri dagli insediamenti umani.

“Secondo i dati disponibili la plastica ora è veramente dappertutto. È difficile individuare un punto dell’Artico non coinvolto dal fenomeno, e non c’è modo di rimuovere le microplastiche dall’oceano, dai ghiacci o dalla neve”, ha dichiarato Dorte Herzke, senior researcher dell’Istituto norvegese di ricerca sull’aria a EUobserver.

Nuove prove scientifiche sulla presenza di rifiuti di plastica nell’Artico sono state presentate a fine gennaio a Tromsø, la principale città del nord della Norvegia. Questi dati fanno aumentare la frustrazione nella regione: l’Artico è una zona scarsamente popolata e la maggior parte dei rifiuti plastici provengono da altre parti del mondo.

“Il dibattito è radicalmente cambiato due anni fa, quando una balena si è arenata con la pancia piena di sacchetti di plastica”, ha spiegato Ine Marie Eriksen Soreide, ministro degli esteri norvegese in risposta a una domanda di EUobserver.

“È stato chiaro per tutti che si trattava di materiali arrivati nel ventre della balena durante il suo lungo viaggio: ci siamo resi conto che molti paesi colpiti dal problema dei rifiuti marini sono quegli stessi paesi che non li producono”.

Quest’anno, sempre a Tromsø, Soreide e altri rappresentanti delle istituzioni hanno partecipato alla conferenza Arctic Frontiers, pensata per avvicinare scienza e politica.

Un soffio nel vento

L’inquinamento marino causato dalla plastica, proveniente per lo più dalla regione Asia-Pacifico ma anche dall’Europa, viene spinto nei mari artici dalle correnti oceaniche globali; inoltre, gli scienziati riscontrano quantità sempre maggiori di particelle microscopiche, portate nelle regioni artiche dai venti a lunga gittata.

La neve conduce quei minuscoli frammenti dentro l’oceano o li deposita sulle coperture ghiacciate delle acque.

“Possiamo semplicemente seguire questa concentrazione di plastica a partire dall’atmosfera fino attraverso i ghiacci, lungo la colonna d’acqua fino ai sedimenti sul fondo dell’oceano. E non dimentichiamo che ciò avviene nell’Artico, già minacciato dai notevoli cambiamenti climatici”, aggiunge Ilka Peeken, ecologista marina dell’Istituto Alfred Wegener – Centro Helmholtz per la ricerca polare e marina, di Bremerhaven in Germania.

Nel corso delle spedizioni a bordo del Polarstern, un’imbarcazione dell’Istituto Wegener, Peeken e i suoi colleghi hanno forato i nuclei di alcuni banchi di ghiaccio: qualcuno di questi proveniva dal profondo nord, come il Bacino Makarov nella parte centrale dell’oceano Artico, vicino al Polo Nord.

Le analisi hanno dimostrato che questi nuclei contenevano “un numero estremamente alto di particelle di microplastica”, dice Peeken, che ora si preoccupa del fatto che questa plastica possa danneggiare il delicato ecosistema artico.

“La mia teoria è che sia lo stesso ghiaccio marino a frammentare ulteriormente la plastica in particelle ancora più piccole. Poiché il ghiaccio marino è così freddo, si formano i cosiddetti canali salati nel ghiaccio, e il sale può frammentare ulteriormente la plastica”, spiega.

Se ciò venisse confermato, comporterà nuovi problemi ambientali. “Più diventano piccole le particelle, maggiori sono i danni che possono provocare. Oggi si parla di nano-plastiche a proposito di particelle così piccole da poter penetrare nelle cellule e, secondo alcuni studi, potrebbero causare danni cellulari”, spiega Peeken.

Divieto Ue alla plastica

Il responsabile norvegese per la questione degli oceani, Vidar Helgesen, vede nell’Unione europea un alleato importante: “La strategia Ue contro la plastica e il pacchetto sull’economia circolare sono per noi importanti. La Norvegia fa parte del mercato unico e accogliamo le strategie europee. Il divieto della plastica usa e getta approvato dall’Ue avrà un peso enorme”, ha spiegato a EUobserver.

A fine gennaio la commissione ambiente del Parlamento europeo ha approvato le nuove regole Ue sull’inquinamento della plastica proposte dalla Commissione europea, incluso un divieto assoluto su alcuni prodotti usa e getta in plastica, spesso rinvenuti sulle spiagge europee.

Riguardo al salvataggio dell’Artico contro una maggior quantità di plastica, Vidar Helgesen, già ministro norvegese per gli affari europei, è cautamente ottimista.

“Non sono sicuro che nel giro di 10 anni avremo meno plastica negli oceani rispetto al livello odierno, tuttavia il flusso di plastica negli oceani sarà minore.

L’attenzione verso questo problema da parte dei cittadini e ai più alti livelli politici è un buon segno, ma vedremo purtroppo un aumento della plastica negli oceani ancora per alcuni anni prima che le nuove misure mostrino i loro effetti. In alcuni paesi della regione Asia-Pacifico è fondamentale sviluppare sistemi di gestione dei rifiuti, ma per questi servirà tempo”, ha spiegato.

Nel frattempo, più petrolio

Gli scienziati hanno sottolineato che gli studi sulla presenza di plastiche nell’Artico sono ancora scarsi: abbiamo più domande che risposte. Un nuovo progetto di ricerca scientifica a Tromsø si concentrerà in particolare sull’inquinamento della plastica e la Norvegia sta intensificando gli sforzi diplomatici per arginare il problema globale dei rifiuti plastici; l’iniziativa è strettamente legata ai progetti di Oslo di aumentare lo sfruttamento delle risorse marine, inclusi petrolio e gas naturale, minerali presenti sott’acqua, oltre che la pesca, l’acquacoltura, la navigazione e il turismo.

“Se vogliamo riuscire a creare i lavori del futuro e risolvere le sfide globali, l’unica strada è liberare gli enormi potenziali dell’oceano”, scrive il primo ministro norvegese Erma Solberg in un’editoriale su High North News , prima della conferenza Arctic Frontiers.

Cinque ministri in totale a Tromsø hanno insistito sul fatto che l’aumento dello sfruttamento dei mari, incluso un maggior numero di perforazioni per il petrolio nei mari artici della Norvegia, può essere fatto in modo sostenibile. Ma questa posizione è già stata criticata da ambientalisti e alcuni scienziati.

Nel 2018 Solberg ha lanciato un comitato per l’Economia sostenibile dell’oceano (High Level Panel for a Sustainable Ocean Economy), che include (in qualità di unico paese membro Ue) il primo ministro portoghese Antonio Costa, e altri leader in arrivo da Australia, Cile, Isole Fiji, Giappone, tra gli altri.

L’obiettivo dichiarato di Solberg è triplice: “Produrre, proteggere, prosperare”.

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