Il divario di genere nei governi e nei parlamenti europei

Da un lato la presenza femminile negli organi esecutivi e legislativi dei paesi Ue è aumentata negli anni. Dall’altro, l’accesso alle posizioni chiave del potere politico risulta ancora limitato per le donne, in alcuni stati membri più che in altri.

Pubblicato il: Marzo 1st, 2021
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Il divario di genere nei governi e nei parlamenti europei

Da un lato la presenza femminile negli organi esecutivi e legislativi dei paesi Ue è aumentata negli anni. Dall’altro, l’accesso alle posizioni chiave del potere politico risulta ancora limitato per le donne, in alcuni stati membri più che in altri.

Photo: © Alexandros Michailidis/Shutterstock

La presenza di donne nel mondo politico europeo è ancora una questione che porta alla luce grandi divari. Da un lato paesi dove le posizioni chiave del potere sono ancora appannaggio quasi esclusivo degli uomini, dall’altro stati dove le donne hanno concrete possibilità di ricoprire ruoli di rilevanza.

Dal 26 gennaio 2021 l’Estonia ha per la prima volta nella sua storia una prima ministra, Kaja Kallas. Un evento che porta a 5 su 27 il numero di donne a capo degli attuali esecutivi dei paesi dell’Unione europea. Una quota residuale, pari al 22%, che aumenta solo lievemente se consideriamo anche l’organo esecutivo dell’Unione, la Commissione europea, al momento guidata da Ursula von der Leyen.

Ampliando l’osservazione ad altri ruoli chiave, sia del potere esecutivo che di quello legislativo, la situazione non migliora. Se infatti a livello di rappresentazione complessiva la presenza di donne nei governi e nei parlamenti europei è mediamente aumentata nel corso degli anni, l’accesso alle posizioni di maggior potere risulta ancora limitato.

La presenza femminile nei governi Ue

Secondo i dati Eurostat più recenti, al 2019, sono donne solo il 31,4% dei membri di tutti i governi dei paesi Ue. Una quota che equivale a meno di un terzo, ma che tuttavia rappresenta un miglioramento rispetto al passato. 

Si tratta di un aumento di 11 punti percentuali nell’arco di 15 anni. Un complessivo passo in avanti che però, analizzando i dati nazionali, risulta aver riguardato solo una parte dei paesi membri.

Aumentano di più le donne nei governi di Francia, Slovenia e Italia

Dal 20,5% di donne membri dell’esecutivo nel 2004, la Francia raggiunge quasi la parità nel 2019, con il 48,6%. Una crescita di 28,1 punti, la stessa registrata in Slovenia e di poco superiore a quella italiana (23,3 punti). Va tuttavia sottolineato che sia la Slovenia che l’Italia partivano nel 2004 da livelli di rappresentatività femminile tra i più bassi d’Europa. Rispettivamente con solo il 7,1% e il 10,5% di donne a ricoprire ruoli di governo.

Oltre alle variazioni nel tempo è interessante osservare anche il quadro presente. Considerando solo i dati 2019, i più recenti disponibili, spiccano Finlandia (57,6%) e Svezia (52,2%), seguite da Austria e Spagna, entrambe a quota 50%. Al contrario, le donne risultano scarsamente rappresentate nei governi di Malta (8,7% nel 2019) e Grecia (9,8%), gli unici con quote inferiori al 10%.

Sempre a proposito di Malta, questo paese registra anche il più ampio calo di presenza femminile nel corso dei 15 anni considerati. Nel 2004 infatti le donne al governo erano il 15,8%, una quota diminuita di ben 7 punti fino all’8,7% attuale. Oltre a Malta, l’unico altro paese dove c’è stata una riduzione è la Germania, passata dal 46,7% nel 2004 al 40,8% nel 2019. Una percentuale però, quella attuale, che è la settima più alta di tutta l’Unione europea.

La Germania inoltre è uno dei 5 paesi che attualmente, a febbraio 2021, hanno una donna a capo dell’esecutivo. Gli altri sono Danimarca (Mette Frederiksen), Estonia (Kaja Kallas), Finlandia (Sanna Marin) e Lituania (Ingrida Šimonytė). Stati che, a differenza di quello tedesco, hanno poi altri ruoli chiave ricoperti da donne oltre a quello di capo del governo.

L’accesso alle posizioni chiave dell’esecutivo

Ai fini di un’analisi sulla presenza femminile tra i ruoli di maggiore potere politico nei paesi europei, abbiamo individuato 6 posizioni chiave. Una è quella di capo dello stato, che in alcuni paesi corrisponde al presidente della repubblica e in altri al re o alla regina, mentre 5 sono posizioni di governo, selezionate in base alla loro rilevanza sia nella politica nazionale che in quella europea:

  • capo dell’esecutivo, che a seconda dell’ordinamento corrisponde al primo ministro, al presidente del consiglio o al cancelliere;
  • ministro dell’economia;
  • ministro degli esteri;
  • ministro degli interni;
  • ministro della sanità

La carenza di donne in posizioni chiave nei governi europei

Come accennato in precedenza, i paesi del nord e del nord-est rappresentano un’eccezione rispetto alla gran parte degli altri membri Ue, distinguendosi non solo per presenza femminile al governo, ma anche in termini di key positions, 3 delle quali sono ricoperte da donne. A questi stati si aggiunge la Spagna con tre ministre (all’economia, agli esteri e alla sanità) e l’Unione europea. Tra i membri della commissione infatti, oltre alla presidente Von der Leyen, spiccano le commissarie Ylva Johansson agli affari interni e Stella Kyriakides alla salute e sicurezza alimentare.

Seguono poi Belgio, Lussemburgo e Regno Unito, con due ruoli chiave di cui uno è quello di ministro degli interni, ricoperto da donne in tutti e tre i paesi. Oltre agli stati che chiudono la classifica con un solo ruolo ciascuno, è importante sottolineare l’assenza di ben 10 membri Ue dal grafico sopra. Si tratta di Francia, Austria, Cipro, Croazia, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Ungheria. Nei governi di questi paesi, le 6 posizioni chiave sono tutte ricoperte da uomini.

Un aspetto che colpisce particolarmente per la Francia, dove nel 2019 la presenza femminile tra i membri dell’esecutivo era al 48,6%, come abbiamo visto in precedenza. In questo senso va detto che a luglio 2020 c’è stato un cambio di governo, da quello di Édouard Philippe a quello attuale guidato da Jean Castex. Tuttavia, analizzando le posizioni chiave anche nel precedente esecutivo, emerge che nessuna di queste era ricoperta da donne. Tutto ciò indica quindi una presenza femminile elevata (48,6%), a cui però non ha corrisposto l’assegnazione di nessuno dei ruoli di maggior potere alle donne. Un aspetto, quest’ultimo, che trova riscontro anche nel governo attuale.

È la quota più alta, che indica il ruolo di ministro dell’interno come quello che attualmente è più spesso ricoperto da donne, tra le key positions individuate. Al contrario, il ruolo chiave dove la presenza femminile è più ristretta è quello di ministro dell’economia, affidato a donne solo in 4 dei 29 esecutivi considerati (13,8%). Un dato rilevante, considerando la centralità delle questioni economiche e finanziare per la vita e per lo sviluppo di uno stato.

Da notare infine che in nessun paese le donne detengono più di 3 delle 6 posizioni di rilevanza.

Le donne nelle key positions dei governi italiani

Nella situazione attuale, a febbraio 2021, solo uno dei ruoli governativi di rilievo è ricoperto da una donna in Italia, come mostrato dal grafico sopra. Si tratta di Luciana Lamorgese, che nel nuovo governo Draghi appena formatosi è stata nuovamente nominata ministra dell’interno, confermando la posizione che già ricopriva nel governo Conte II.

Osservando la composizione degli ultimi 10 esecutivi e di quello attuale, la presenza femminile tra i ministri è del 21,8%. Una quota assolutamente minoritaria, che si riduce al 15,5% se si considerano solo i ruoli governativi di maggiore rilevanza (presidente del consiglio, ministro dell’economia, ministro degli esteri, ministro degli interni, ministro della sanità).

Dal 2001 a oggi, solo tre delle posizioni chiave individuate sono state ricoperte da donne almeno una volta. Si tratta dei ruoli di ministro degli esteri, degli interni e della sanità.

Il ministro della sanità è il ruolo chiave ricoperto più spesso da una donna, negli ultimi 20 anni

Donne che hanno ricoperto posizioni chiave negli ultimi 10 governi italiani e in quello attuale

Negli ultimi 10 governi il ministero della salute è stato guidato 5 volte da donne. Spicca in particolare Beatrice Lorenzin, ministra della sanità in ben tre governi consecutivi: quelli di Letta, Renzi e Gentiloni. Preceduta da Livia Turco nel secondo governo Prodi e succeduta da Giulia Grillo nel primo governo Conte.

Va comunque considerato che il ministero della salute ha acquisito una maggiore centralità solo nell’ultimo anno, a causa della pandemia in corso. Quindi il dato sulle donne a capo di questo dicastero nei governi passati ha sicuramente una minore rilevanza nel dibattito sulle key positions attuali. Anche in considerazione del fatto che in fasi ordinarie, la sanità è una materia gestita principalmente dalle regioni.

Per quanto riguarda gli altri incarichi, il ministero degli interni è stato affidato a un’altra donna negli ultimi vent’anni, oltre alla già citata Lamorgese. Si tratta di Annamaria Cancellieri, alla guida del Viminale durante il governo Monti. Il ministero degli esteri è stato invece guidato da Emma Bonino nel governo Letta e da Federica Mogherini nel governo Renzi. Gli unici due tra gli esecutivi considerati ad aver affidato due ruoli chiave a donne. Il governo Renzi risulta inoltre essere quello con la maggior presenza femminile tra tutti i ministri, pari al 40%.

Si tratta dei governi Berlusconi II, III e IV, nei quali i ministeri di maggior rilievo sono stati sempre presieduti da uomini.

La presenza femminile nei parlamenti Ue

Nel corso degli ultimi vent’anni, in quasi tutti i paesi Ue è stato introdotto un sistema di quote di genere, a livello legislativo o volontario, per le elezioni parlamentari.

Misure che sicuramente hanno portato a un aumento della presenza femminile nei parlamenti europei, ma che in nessun paese Ue si sono tradotte in una effettiva parità di genere all’interno degli organi legislativi.

L’Italia è il paese con il maggior aumento di donne in parlamento negli ultimi 15 anni

Percentuale di donne nei parlamenti dei paesi Ue nel 2004 e nel 2019

Il nostro paese è passato dal 9,9% di donne sul totale dei membri in parlamento nel 2004, al 35,8% nel 2019. Un aumento di 25,9 punti percentuali, il più ampio in Europa. Seguono, con aumenti superiori ai 20 punti, la Francia e il Portogallo.

Come abbiamo visto in precedenza riguardo la presenza femminile negli esecutivi, anche in questo caso va sottolineato che l’Italia partiva da una delle quote più basse d’Europa nel 2004 (9,9%), superiore solo a quelle di Malta, Cipro e Ungheria.

Considerando i dati 2019, sono ancora una volta paesi del nord a registrare le percentuali più alte, con Svezia e Finlandia dove rispettivamente il 47,6% e il 46,5% dei parlamentari è composto da donne. Da notare che questi stessi stati erano ai primi posti anche nel 2004, quando già presentavano quote di presenza femminile elevate.

Al lato opposto in classifica troviamo perlopiù paesi dell’est Europa. In particolare l’Ungheria con la quota più bassa d’Europa, pari al 12,2% nel 2019. Seguono, oltre a Malta e a Cipro, Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Slovacchia, tutti con percentuali intorno al 20%. Un divario di oltre venti punti rispetto alle quote dei paesi scandinavi.

Si tratta innanzitutto della Svezia, dove però il calo è stato solo di -0,3 punti percentuali. Una variazione irrilevante specialmente se ci considera che questo paese risulta al primo posto per presenza femminile nel parlamento, sia nel 2004 che nel 2019.

Gli altri due stati dove sono diminuite le donne parlamentari sono Bulgaria e Paesi Bassi. Nel primo caso si tratta di una variazione poco incisiva (-0,9 punti) che però riflette la mancanza di progressi su questo fronte, in un paese che risulta 17esimo in classifica, con solo il 27,1% di presenza femminile in parlamento nel 2019.

Nel caso dei Paesi Bassi invece il calo è più significativo (-1,2 punti), ma la quota di parlamentari donne risulta comunque la decima più alta dell’Unione europea (35,1%). Un dato positivo quindi, anche se è necessario un ulteriore aumento, piuttosto che una riduzione.

L’accesso alle posizioni chiave del parlamento

Abbiamo visto in precedenza quanto siano presenti le donne tra le posizioni chiave del potere esecutivo in Europa. Ora proviamo ad approfondire lo stesso aspetto riguardo però il potere legislativo.

Quali sono le key positions in parlamento? Possiamo considerarne due in particolare, che accomunano i diversi paesi Ue:

  • Presidente di commissione parlamentare, che si occupa di presidiare i lavori della commissione di cui è a capo e di rappresentarla. Le commissioni sono gruppi di parlamentari che si occupano di discutere e di esaminare determinate materie o questioni.
    • Presidente di gruppo parlamentare, chiamato nel linguaggio corrente capogruppo o, a seconda del paese, portavoce. È a capo del gruppo parlamentare di cui fa parte, lo rappresenta nelle discussioni parlamentari e ne fa da portavoce.

Per confrontare a livello europeo la presenza di donne in questi due importanti ruoli, abbiamo considerato gli organi legislativi dei maggiori paesi membri dell’Ue (Francia, Germania, Spagna, Italia) e il parlamento europeo.

In Spagna sono donne quasi la metà dei presidenti di commissione

Percentuale di donne tra gli attuali presidenti delle commissioni parlamentari dei maggiori paesi Ue

In linea con quanto visto in precedenza, sia nel governo che nel parlamento, la Spagna si conferma uno dei paesi dove la presenza di donne in politica è più alta. Sia a livello complessivo, sia per quanto riguarda i ruoli chiave del potere.

Anche nel caso dei presidenti delle commissioni infatti, il parlamento spagnolo supera gli altri considerati con il 48,8% di donne a ricoprire attualmente questo ruolo. Seguono il parlamento europeo e quello francese, mentre l’Italia e la Germania chiudono la classifica con quote inferiori al 40%.

Va comunque sottolineato, ai fini di un’analisi completa della questione, che il numero di commissioni permanenti varia ampiamente tra i parlamenti considerati. In questo senso la Spagna è il paese con più commissioni, ben 80 tra il congresso dei deputati e il senato. Mentre nel parlamento tedesco sono 40, in quello italiano 28, in quello europeo 27 e in quello francese 15.

Osservando poi la presenza femminile tra gli attuali presidenti dei gruppi parlamentari, la Spagna conferma il suo primato, aumentando inoltre il divario rispetto agli altri paesi considerati.

Sono il 41,2% le donne capigruppo nel parlamento spagnolo. Una quota che si distacca di circa 10 punti da quelle del parlamento europeo (30%) e italiano (29,4%), di oltre 20 punti dal dato sul parlamento tedesco (20%) e di ben 30 punti da quello sull’organo legislativo francese (11,1%).

La Francia è ultima tra i maggiori paesi Ue per quota di donne tra i capigruppo del parlamento

Percentuale di donne a capo degli attuali gruppi parlamentari nei maggiori paesi Ue

Sul metodo di selezione dei presidenti è interessante inoltre sottolineare il caso di tre gruppi attualmente presenti nella camera bassa (Bundestag) del parlamento tedesco. Si tratta di Bündnis 90/Die Grünen (Alleanza 90/Verdi), Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania) e Die Linke (La sinistra). Gruppi che, per propri regolamenti interni, hanno due capigruppo invece di uno solo, di cui uno donna e l’altro uomo, di modo da avere sempre una rappresentanza equa di entrambi i generi.

Le donne nelle key positions dei parlamenti italiani

Mantenendo come focus quello sulle posizioni chiave di presidente di commissione e capogruppo, abbiamo considerato le variazioni della presenza femminile in questi ruoli, nelle ultime cinque legislature italiane.

Una quota irrisoria, che suggerisce una grande difficoltà di accesso a questa carica per le parlamentari del nostro paese. Dall’altro lato, se si analizzano i dati delle singole legislature sembra esserci stato un lieve miglioramento nel corso degli anni.

Tra le ultime 5, la legislatura attuale è quella con più donne presidenti di commissione

Donne e uomini presidenti di commissioni parlamentari, nelle legislature dalla XIV all’attuale XVIII

La XVIII legislatura registra una presenza femminile del 33,9%, tra i presidenti di commissione che si sono succeduti dall’inizio a oggi. Un dato nettamente superiore a quelli delle composizioni precedenti, a partire dalla XIV, dove nessuna donna è stata a capo di una commissione. Dalla XV risulta esserci un miglioramento, con una quota del 12,9% di donne in questo ruolo, che nella legislatura successiva sale al 17,4%. La XVII ha invece costituito un passo indietro, con una percentuale di donne pari al 12,1%, che nella legislatura attuale è più che raddoppiata (33,9%).

Di queste, 6 sono presidenti di commissioni della camera dei deputati e 4 del senato.

Nel primo caso tre presidenti sono membri del Partito democratico, due del Movimento 5 stelle e una di Italia viva (Raffaella Paita). Le commissioni a loro affidate sono rispettivamente: ambiente, territorio e lavori pubblici (Alessia Rotta, Pd), attività produttive, commercio e turismo (Martina Nardi, Pd), lavoro pubblico e privato (Debora Serracchiani, Pd), cultura scienza e istruzione (Vittoria Casa, M5S), affari sociali (Marialucia Lorefice, M5S) e trasporti, poste e telecomunicazioni (Raffaella Paita, Iv).

Nel caso del senato invece, due presidenti sono senatrici del Movimento 5 stelle (Susy Matrisciano alla commissione su lavoro pubblico e privato, previdenza sociale e Vilma Moronese alla commissione su territorio, ambiente, beni ambientali), una del Partito democratico (Roberta Pinotti alla commissione sulla difesa) e una del gruppo Italia viva – Partito socialista italiano (Annamaria Parente alla commissione su igiene e sanità).

Tra le ultime 5, la legislatura attuale è quella con più donne capigruppo

Donne e uomini capigruppo dei partiti in parlamento, nelle legislature dalla XIV all’attuale XVIII

 Anche nel caso dei capigruppo, si conferma un netto aumento della presenza femminile. Dalla XIV legislatura, quando nessuna donna ricopriva questo ruolo, alla XVIII dove la quota delle presidenti di gruppo sale al 22,2%, un dato comunque basso ma che costituisce un passo in avanti in termini di rappresentanza. Anche in questo caso l’incremento parte dalla XV legislatura (9,5% di donne capigruppo), per poi subire una battuta d’arresto nella XVI (5,3%) e riprendere nella 17esima (14,5%).

Si tratta innanzitutto delle due donne capigruppo di Forza Italia: Mariastella Gelmini alla camera dei deputati e Anna Maria Bernini al senato. Da notare che Forza Italia è attualmente l’unico partito ad avere una donna come presidente di gruppo in entrambi i rami del parlamento.

Le altre presidenti sono Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva alla camera dei deputati, Loredana De Petris, presidente del gruppo misto al senato e Julia Unterberger, a capo del gruppo per le autonomie al senato.

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