Parlamento europeo e parità di genere: l’Ue si avvicina al suo obiettivo

Alle ultime elezioni per il Parlamento europeo, l’Unione ha eletto un numero record di europarlamentari donne. Ciononostante, gli uomini occupano ancora quasi il 60 per cento delle poltrone.

Pubblicato il: Luglio 10th, 2019
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Parlamento europeo e parità di genere: l’Ue si avvicina al suo obiettivo

Alle ultime elezioni per il Parlamento europeo, l’Unione ha eletto un numero record di europarlamentari donne. Ciononostante, gli uomini occupano ancora quasi il 60 per cento delle poltrone.

Alle ultime elezioni dell’Ue, i 28 stati membri hanno eletto 308 rappresentanti donne all’europarlamento, che conta 751 seggi. La percentuale femminile tra gli europarlamentari è così salita dal 37 per cento del 2014 al 41 per cento del 2019.

Le elezioni si sono svolte dal 23 al 26 maggio e hanno portato alla formazione del nono Parlamento europeo dalle prime elezioni dirette del 1979, quando le rappresentanti femminili furono appena il 16 per cento del totale. Da allora, la percentuale femminile è aumentata in maniera progressiva. 

Quando gli è stato chiesto quanti seggi in più potessero essere conquistati dalle donne per ottenere la parità di genere al parlamento dell’Ue, il portavoce dell’European Institute of Gender Equality (Eige, Istituto europeo per l’uguaglianza di genere), ha detto: “Le possibilità che ciò accada dipendono in buona misura dall’eventualità che gli Stati membri che al momento hanno poche europarlamentari varino iniziative per assicurare un buon equilibrio di genere tra i candidati alle elezioni”.

“I dati ufficiali del novembre 2018 (36,4 per cento donne e 63,6 per cento uomini) mostrano che la parità di genere al Parlamento Ue – un’istituzione che impegna sforzi considerevoli per promuovere la parità di genere – è cambiata davvero poco dal 2009 (35 per cento di donne). Le ultime elezioni per il Pe sembrano indicare che sia in corso un ulteriore passo avanti verso la parità. 

“D’altra parte, la Commissione Europea è composta da 19 uomini (67,9 per cento) e 9 donne (32,1 per cento). Il miglioramento della parità di genere dipende ancor più dalla candidatura da parte degli stati membri di un maggior numero di donne per il rinnovo del parlamento nel 2019”.

L’Europa orientale deve fare di più per la parità di genere

La più alta percentuale di europarlamentari donne, il 55 per cento, è stata eletta dalla Svezia. Nel complesso, 13 Paesi hanno eletto rappresentanti femminili tra il 45 al 55 per cento, e 7 di loro hanno raggiunto esattamente il 50 per cento, come risulta dagli ultimi dati ufficiali sulle elezioni.

Sul versante opposto, quest’anno Cipro non ha eletto nessuna donna al Parlamento Ue, e la Slovacchia ha eletto rappresentanti femminili soltanto per il 15 per cento del totale. Alle elezioni del 2019, altri Paesi dell’Europa orientale, per la precisione Romania, Grecia, Lituania e Bulgaria, hanno eletto europarlamentari donne per meno del 30 per cento.

“I partiti politici possono essere determinanti, perché sono loro a fissare la politica di partito e a selezionare i candidati per le elezioni” ha detto il portavoce di Eige quando gli è stato chiesto perché in alcuni Paesi dell’Europa orientale la rappresentanza femminile sia bassa. “Nel 2018, le donne leader di importanti partiti politici (quelli con almeno il 5 per cento dei seggi in parlamento) erano meno di una su cinque (18,4 per cento) nell’Ue, e una su tre nel caso dei vice (33,8 per cento). Nella Repubblica Ceca, in Ungheria, a Malta e in Slovacchia, nessuno dei partiti più importanti ha avuto una leader donna fin da quando nel 2011 hanno iniziato a essere raccolte queste informazioni”.

Otto stati membri nel 2019 hanno eletto un numero di donne inferiore al 2014. Malta, Cipro ed Estonia hanno perso la maggior percentuale di rappresentanza femminile al parlamento europeo, scendendo di 17 punti percentuali, mentre la Slovacchia è scesa di 16. Malgrado questo calo, tuttavia, nel 2019 Malta ha eletto il 50 per cento di donne. Cipro quest’anno è precipitata dal 17 per cento del 2014 allo zero, mentre l’Estonia è calata dal 50 al 33 per cento.

Ungheria, Lituania e Lussemburgo sono i Paesi nei quali la componente femminile è aumentata di più (rispettivamente di 19, 18 e 17 punti percentuali) se si paragonano i risultati delle elezioni del 2019 e del 2014, seguiti da Slovenia e Lettonia che hanno entrambi aumentato la rappresentanza femminile al Parlamento europeo di 13 punti percentuali. Lussemburgo, Slovenia e Lettonia hanno tutti eletto il 50 per cento di europarlamentari donne.

Le quote legislative di genere hanno contribuito ad aumentare la rappresentanza femminile nei parlamenti nazionali

Secondo Eige, a livello nazionale l’entrata in vigore delle quote legislative di genere ha fatto la differenza; si tratta di un meccanismo in vigore in dieci Stati membri: Belgio, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Polonia, Portogallo e Slovenia.

“Di norma, il sistema delle quote di genere si applica all’elenco dei candidati alle elezioni del parlamento nazionale e prevede sanzioni nel caso in cui non sia rispettato. A eccezione della Croazia, la rappresentanza femminile è migliorata in seguito all’applicazione di questo sistema. Oggi, tuttavia, soltanto Portogallo e Spagna hanno visto l’obiettivo delle quote di genere tradursi in una percentuale equivalente (o quasi) di membri eletti.

“In Portogallo, il sistema delle quote di genere richiede che in ogni lista di candidati sia presente un terzo per ciascun genere (33 per cento) e le elezioni del 2015 hanno portato all’elezione del 34,3 per cento di donne (oggi 36,4 per cento); la Spagna ha anch’essa un sistema di quote di genere e dopo le elezioni del 2016 ha raggiunto una percentuale di rappresentanza femminile del 39,1 per cento (oggi 41,4 per cento).

“In tutti gli altri casi, occorrono altri miglioramenti sostanziali: la percentuale di donne tra i membri eletti è ancora inferiore al livello delle quote di genere di 8 punti percentuali in Polonia e Irlanda, di 11 punti in Belgio, Francia e Slovenia, di 13 punti in Grecia e di 19 in Croazia”.

Le quote legislative di genere non garantiscono il progresso, ma hanno nondimeno avuto un impatto positivo sulla maggior parte dei Paesi nei quali sono stati applicate, secondo quanto afferma l’Eige.

“I dieci Paesi con quote legislative di genere per i candidati iniziarono con il 18,2 per cento di donne elette nel 2004 e sono arrivati al 32,9 per cento alla fine del 2018 (sulla base dei dati aggregati di tutti i membri di quei Paesi). Ciò equivale a un aumento di 14,6 punti percentuali e a una media di un punto percentuale l’anno”.

“I restanti 18 Stati membri che non hanno un sistema di quote legislative di genere hanno iniziato a livelli più alti nel 2004 (24,8 per cento), ma alla fine del 2018 hanno ottenuto meno (29,9 per cento), ossia un aumento di appena 5,1 punti percentuali e un incremento medio annuo di 0,4”. 

Tuttavia, secondo l’Eige le quote legislative di genere da sole non funzioneranno. Si rende infatti necessario altro per tradurre le quote di genere dei candidati in risultati elettorali concreti. Tra le varie strategie, per esempio, c’è il fatto di assicurarsi che “le sanzioni siano abbastanza severe e applicabili, e che le donne siano inserite in modo onesto nelle liste e rappresentate equamente nei seggi che possono vincere”. 

Eige mette anche in guardia dal “successo a breve termine, che non sempre è continuo”, citando l’esempio della Slovenia. “In Slovenia, dove c’è un requisito di almeno il 35 per cento per genere tra i candidati, la percentuale di donne elette al parlamento è balzata dal 16,7 per cento al 35,6 per cento dopo le elezioni del 2011. Questo livello è stato mantenuto più o meno in tutte le elezioni fino al 2014, per poi crollare vistosamente al 24,4 per cento dopo le ultime elezioni del giugno 2018 (gli ultimi dati del novembre 2018 indicano una percentuale del 27,8).

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