L’eredità della crisi pesa sulla spesa sociale

La recessione e la disoccupazione provocate dalla crisi finanziaria hanno determinato la stagnazione o il calo del pil e l'aumento della spesa sociale. Finché non sono intervenute le politiche di austerità. Ecco chi ha pagato la grande crisi. 

Pubblicato il: Gennaio 8th, 2019
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L’eredità della crisi pesa sulla spesa sociale

La recessione e la disoccupazione provocate dalla crisi finanziaria hanno determinato la stagnazione o il calo del pil e l’aumento della spesa sociale. Finché non sono intervenute le politiche di austerità. Ecco chi ha pagato la grande crisi. 

A livello sovranazionale, il peso delle spese legate alla protezione sociale in rapporto alla ricchezza complessiva prodotta sul continente è lievitato a partire dal 2009, come reazione alla crisi. Da quel momento è rimasto stabile, se non addirittura in leggero ribasso.

Molti paesi, infatti, hanno registrato un picco nella spesa sociale nel 2008, subito dopo l’inizio della crisi dei mutui subprime. Senza eccezione alcuna, la quota di Pil dedicata alla spesa sociale è aumentata di qualche punto percentuale in tutti gli stati membri tra 2008 e 2009. Il forte e rapido incremento del tasso di disoccupazione e la recessione hanno di conseguenza provocato un aumento della spesa sociale e una stagnazione, se non addirittura un calo del Pil. Il contraccolpo del crollo del sistema bancario è stato avvertito allo stesso modo anche qualche anno più tardi, a partire dal 2012, con l’arrivo delle misure di austerità, che hanno ridotto la spesa sociale.

Nel 2016, la Francia, famosa per il suo generoso modello sociale, era nettamente in testa alla classifica, con più del 34% del Pil destinato alla protezione sociale dei suoi abitanti. All’altro capo della classifica, la Romania era il paese che investiva di meno in questo settore (14,6 per cento).

Soltanto in tre paesi il livello di spesa sociale del 2016 in rapporto al Pil era inferiore al livello registrato nel 2007: Irlanda, Ungheria e Malta. Il caso dell’Ungheria è particolarmente rivelatore di un cambiamento nelle politiche sociali. Nel 2010, quando (ri)prese il potere l’attuale primo ministro, il conservatore Viktor Orbán, la tendenza ha cominciato ad invertirsi.

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